“Il cappello magico”
In questo scritto voglio farvi capire quello che io capisco di lui, questo ricco bottino per alcuni e miserabile per altri, dipendendo dal luogo e dal tempo in cui lo ha ottenuto.
Si specula molto su quanto guadagna un artista di strada dipendendo dalla quantità di gente che può riuscire a raccogliere, però voglio dirvi che se guadagnassi in base alla quantità di gente che raccolgo con le mie marionette economicamente sarei messo bene. Quello che voglio dire è che quando si fa uno spettacolo di strada il cappello è di fronte a tutti liberamente, a quello a cui piace, a quello che no, alla signora, alla ragazza, al bambino, al curioso, a quello che critica, ecc…e nel cappello si può incontrare di tutto, io vi posso raccontare che vi ho incontrato dolci, cioccolato, allucinogeni, condones, penne, pietre della fortuna, portachiavi, biglietti da visita e persino un foglietto con su scritto “Gesù, tu unica salvazione”. Quest’ultimo mi ha fatto preoccupare un poco di come ti guarda la gente e a cosa pensa quando mette la sua cooperazioen volontaria. Ci sono coloro che pensano che questi eventi siano pagati dalle municipalità così si divertono e se ne vanno, esiste anche il collaboratore innato che non gli interessa neanche lo spettacolo ma vuole sole dare il suo granello di sabbia al mondo! E così passa il mondo davanti al tuo cappello che aspetta pazientemente. La conclusione è quindi che il cappello è veramente magico perché ciò che ottieni da lui deve bastarti…non sono un grande artista però non sono neanche nulla, un contributo al cappello è ciò che chiede il tatro di strada!
"no somos grandes artistas pero tampocos somos menos aqui les dejo un escrito de un marionetista viajero "apokellen marionetas viajeras
Inseguendo il sole I
“La partenza”
Un’epoca difficile politicamente, un governo dittatoriale in decadenza dove le tue idee non sono valide, dove le opportunità sono limitate. Se terminavi la scuola potevi secegliere una carriera tipo quella dell’operaio specializzato, per le donne c’era quella di segretaria o modista, cioè colei che ripara i vestiti, se eri imprenditrice e avevi una tua macchina da cucire potevi fare i tuoi lavoretti in casa tua, o se no in una grande fabbrica come operaia (però diplomata). Noi uomini correvamo una sorte simile, però in una società machista potevamo essere meccanici o elettricisti specializzati in elettronica. A mia madre le sembrò più interessante la carriera di elettrotecnico anche se a me sarebbe piaciuta di più quella da meccanico perché averi potuto salire su una macchina e muoverla anche solo per sei metri, che era la lunghezza del laboratorio della scuola. E così terminai i miei studi con un diploma di licenza superiore in “elettronica specializzato in telecomunicazioni”. Due anni lavorai come aiutante di un elettromeccanico que si approfittò del fatto che io fossi solo un operaio diplomato di 18 anni. Fù quando decisi che volevo inseguire il sole.
Tutti sappiamo che quando finisce l’estate il sole parte per l’altra parte. Mancava solo un detonante per andare a cercarlo e una discussione con mia madre ai 19 anni mi fece capire che era il momento perché avevo acquisito qualcosa di molto importante di cui non mi sarei mai reso conto se non avessi discusso con lei: il valore di difendere le mie idee. Ci tengo a dire che adesso ho una buona comunicazione con lei.
Con questo elemento tanto importante che è il valore presi due valige, dentro ad esse due marionette fatte di immondizia riciclata e qualche vestito per cambiarmi ogni tanto. Attraversai la cordigliera delle Ande per il Paso de los Libertadores per arrivare a Mendoza Argentina e lì mi accorsi nella stazione degli autobus che ero solo, con il mio valore e le mie valige di marionette che mi davano l’impressione di sentire quello che sentivo io. Proprio lì le ho tirate fuori e ho fatto i miei primi spettacoli all’estero, diciamolo così, affrontando l’avventura.
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Inseguendo il sole II
“Dall’utopia alla realtà”
Argentina, un paese tra tutti quelli dell’America latina, abbastanza europeo. Esiste un’influenza marcata di qualche paese del vecchio continente e per questo le marionette sono più riconoscuite qui che nel mio paese, senza togliere merito a quello che in molti abbiamo fatto in forma autodidatta. Qui in Mendosa esiste all’interno della scuola di teatro un ramo che si riferisce alla marionetta in quanto tale e anche a Cordova e a Buenos Aires. Sarebbe molto buono che altri paesi del Sudamerica facessero lo stesso per far capire che il teatro di figura è un’espressione artistica e non solo un divertimento, come credono alcuni, però questo è quello che penso io e lo difendo, anche se il mio cammino è stato da autodidatta.
Tornando al viaggio, da queste parti ho incontrato viaggiatori come me, con gli zaini in spalla. E’ stato bello perché quello che pensavo io non era utopia, si stava generando un movimento forte nel mondo delle marionette nel sud e non me ne sarie reso conto se non fossi andato a cercare, tanta repressione e dittatura credo mi abbiano spinto a rappresentare con marionette. E così fù il mio passaggio in queste terre spelndide: Mendoza, San Luis, Cordoba, Catamarca, Salta, Jujuy…un grande paese però comunque terminò, al nord, quando incontrai un cartello che diceva “Benvenuto in Bolivia”.
Così tirai il mio amico Daniel, chitarrista e artigiano conosciuto in Argentina, e con lui lo spettacolo si fece più rispettabile, con un contorno musicale. In grande, però sempre con umiltà. Un anno e mezzo ci siamo fermati, calamitati da questi luoghi, eravamo gli artisti del momento in ambito “di strada”, i marionettisti, credo che questo mi salvò in alcuni momenti dall’essere linciato dai boliviani per la storia del mare, anche se non mi sento per nulla partecipe di questa parte della Storia. Io cercavo il sole in questo momento e lo incontrai a El Beni Trinidad, selva amazonica boliviana. Lui è sempre presente in queste terre e rare volte se ne va e allora ci lasciava con l’acqua e questo non mi piaceva, così salutai gli amici che mi ero fatto e che furono la mia famiglia in quel periodo. (Bolivia terra splendida di gente che vive con poco e nulla, dove un manifesto artistico li riempie di godimento e allegria, bambini, donne, uomini anziani tutti con l’odore della foglia di coca, sacra e non manipolata. Il mio rispetto va a loro). E così partii verso il Perù perché la gente parlava di un certo “Inti Raymi” che in lingua inca significa “il re sole”, che era proprio ciò che io inseguivo…
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Inseguendo il sole III
“I bambini di colla”
Dietro restarono El Beni e la selva però rimasi da quelle parti. A volte uno si proietta però a volte la realtà è altra, ringrazio molto la scuola che mi ha impartito mia madre a suo modo, però nel viaggio c’è la mia scuola, nella mia vita passa il tempo però mi lascia vari insegnamenti. Non avevo mai condiviso tanto con bambini, di quelli che vivono nella miseria dove la colazione è un barattolo di colla per arrivare a mezzo giorno, alla pentola comune. Mi preparo per uno spettacolo per loro, mi dicevano che erano abbastanza speciali e si, lo erano. Erano uomini con il corpo da bambini; mi si avvicina uno di circa nove anni con una sigaretta già quasi alla fine e mi chiede perché ho i capelli lunghi, gli rispondo che mi piace così e gli chiedo perché fuma, lui scrolla solo le spalle…
Tra grida, palle di carta, ci siamo avventurati nel teatrino costruito rusticamente. Daniel suonava forte perché si sentisse e la mia gola era al massimo per far uscire la voce del personaggio. I piccoli uomini si trasformarono in bambini un’altra volta, con il mocco al naso e la bocca aperta miravano il vecchio Benjamin (il personaggio); fù una giornata abbastanza soddisfacente. Sicuramente non abbiamo cambiato il loro modo di vivere però credo che gli abbiamo restituito la loro infanza per alcuni istanti. I diritti fondamentali dei bambini sono l’alimentazione, la salute, l’educazione e l’amore, solo di questo hanno bisogno. Il danno celebrale che produce l’inalare questo tipo di prodotti a 7 anni è irreparabile.
Luchin, il bambino fumatore, adesso dovrebbe avere 15 anni, in quali condizioni? Non lo so, però questo è uno dei tanti bambini nel mondo che non hanno i diritti fondamentali. Io mi domando a cosa servono tutti questi dibattiti che si fanno sui diritti dei bambini nel mondo se alla fine rimangono solo scritti su fogli che finiscono non letti e intanto le risorse sono spese in quelle feste ostentose organizzate dall’Unicef dove i maggiori incaricati arrivano mostrando tutto ciò che hanno ottenuto lavorando per i bambini poveri…Tarija, Bolivia 2000.
Sucre, Bolivia, Festival della Cultura. Una super festa. Se qualche volta passerete da quelle parti in settembre andate, ne vale la pena. Un luogo pieno di cultura e tradizione ancestrale, un luogo aperto al mondo però mantenendo i propri costumi. Un mercato in Bolivia è uno spettacolo , tanti colori, varietà di verdura e frutta dove si può tirar fuori una marionetta e regalare un piccolo spettacolo e di sicuro si avrà il pranzo e la frutta per il giorno dopo. La gente apprezza molto queste cose, e di più quando sta cominciando il festival perché si preparano e aspettano qualsiasi espressione artistica spuntare da qualsiasi parte. Tutto l’ambiente sa di festival. Mi hanno detto che alla fine del festival avrebbero toccato Cafè Tacuva, Mercedes Sosa e Silvio Rodriguez e se fosse vero li saremo. La maggior parte degli spettacoli sono quasi gratis, feste, esposizioni, tetaro, musica e teatro di strada, che è dove mi iscrivo io!
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Inseguendo il sole IV
“Da marionettista ad atleta”
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